Exuvia pt. 2 : Il Tempo, lasciatelo passare, ma non perdetelo
Nella scorsa recensione eravamo andati a toccare quello che per me è il primo grande nodo tematico di Exuvia : le scelte, il cammino, l’essere o l’ambire di essere.
Andremo a scandagliare, ora, il secondo grande nodo tematico, il tempo.
Il tempo emerge immediatamente dopo Ghost Memo, (che segue l’emancipazione di pensiero di Caparezza) ad aprire a una strada che permette di ragionare sul senso di sé in continuo mutamento e disfacimento (Come Pripyat) ma anche delle possibilità concesse al tempo, o all’oltre tempo, quello che verrà (il mondo dopo Lewis Carroll). Tempo, quindi, come fuga dalla malignità della natura espressa in precedenza; rifacendoci a Leopardi, che permea la trattazione di Contronatura e incapacità di scorgere una effettiva felicità, il tempo sembra esonerarsi dal discorso. Perché è costante, è certezza al pari della morte, che il tempo avvenga. Se la felicità è difatti finita e non infinita, il tempo è infinito e relegato soltanto al carattere mortale (di corpo o di mente) dell’individuo.
Avevamo già detto, nel titolo precedente, che prima della morte ci sono le scelte, e le scelte si distribuiscono nel tempo tanto quanto siamo in grado di essere vivi noi. Il tempo trova il suo exploit in Zeit! (che, appunto, è ‘tempo’ in tedesco) dove Capa, con la stessa personificazione data alla Natura, parla al tempo, ci dialoga, esprimendo i concetti che abbiamo visto fin qui.
Come per ogni film di Tarantino, qui l’epilogo è spesso rapido, fulmineo, condito in quanto epilogo di sensi e riferimenti, ma nell’animo più frenetico e sanguineo. Caparezza fa dell’ultimo senso, il trapasso quanto il lascito, l’epilogo di Exuvia. La concretezza che qualsiasi cosa si abbia fatto nella vita, nulla impedisce la rinascita. Che sia per le azioni, che sia per un cambiamento catartico, che sia nella memoria di chi ci ricorda, qualunque morte, non è morte, è solo assenza. Bisogna capire come ritornare.
Ed è lo stesso messaggio con cui Caparezza, dopo questo capolavoro di disco, ci lascia.