Intervista a Inoki per parlare di Nuovo Medioego

Abbiamo intervistato Inoki in occasione dell’uscita di Nuovo Medioego, ecco l’intervista.

Intervista Inoki.

Come nasce questa repack?

Nasce da un bisogno discografico ma anche artistico/personale. Sono successe cose che mi hanno dato modo di scrivere, avevo voglia di collaborare con altri artisti, cosa che mi era mancata negli ultimi anni, mi mancava la voglia di lavorare con gente nuova.

Hai pubblicato per la seconda volta in major, come va il rapporto?

Io li vedo come una crew. Non me la vivo come imposizione, ci lasciamo entrambi la giusta libertà mi movimento. Mi piace come condizione, mi dà dei plus che prima non avevo. Purtroppo non esisteva prima questa realtà, altrimenti mi sarei trovato meglio.

Difficile coordinarsi con le sonorità nuove?

Un pochino all’inizio, le prime settimane. Ora meno, dovessi scegliere tra un beat vecchio e uno nuovo sceglierei quello nuovo. È una bella sfida, mi diverto di più a mettermi in gioco.

Ma secondo te cosa ti ha portato a guadagnare questo rispetto?

Tu trova un altro rapper che per 20 anni ha avuto il coraggio di resistere sempre e non mollare un giorno. Ai miei tempi non c’erano queste strutture che puntavano sul talento, oggi invece ci sono.

Eh, ma la vecchia scuola non ha avuto questa fortuna. Come mai? Mi viene in mente Egreen.

Eh ma lui spacca. Ora è in Colombia per ritrovarsi, ma mo che torna, spacca. Non smetterà mai neanche lui di crederci, se vuole cambiare mestiere non potrà mai riuscirci, ce l’ha dentro. Chi l’ha creato non può non averlo dentro. Ieri ho beccato Jake la Furia, anche lui nonostante sia sceso a compromessi non può smettere di fare rap.

Quando dici “Ho superato tanti limiti e ho lottato contro ogni pregiudizio” cosa intendi? Senza questo superamento, come sarebbe uscito il disco?

Magari ero il rompicoglioni di prima. Ho accettato il cambiamento dell’hip hop e la nuova scuola. Nel 2021 io non mi sento più di fare il rompipalle. Magari tra 10 anni la DPG romperà le palle ai nuovi trapper per dire che i veri trapper sono loro. Inizia a piacermi pure Ramazzotti, mentre prima ero “il rap vs tutti”. A una certa cazzomene, se può dare uno stimolo e delle energie positive valutiamo tutto.

A quale canzone hai dedicato più tempo?

Al disco “L’antidoto”. Dell’ultimo disco direi di nessuna, tutte sono nate entrando in studio, mi danno la base e in un’ora ho finito. Infatti sono stato criticato dai miei entourage. Io mi chiudo in studio, mi dai la base, scrivo e registro. Io faccio così, ma non improvviso, scrivo ma subito. Due ore e hai tutta la canzone.

Quando ascoltavo rap da piccolo c’era sempre una funzione pedagogica di denuncia, ora è tutto filtrato come “io posso farcela quindi anche tu”. Noti questo cambiamento?

Non so come risponderti, mi metti in difficoltà. Per me sì, per me il collettivismo è alla base di tutto, io sono comunista, lo sapete. Però purtroppo viviamo in un mondo capitalista. Se fai sti discorsi qua a un ragazzo di oggi ti risponde “eh allora muori povero”. Siamo arrivati a un livello di ipocrisia che non so come risponderti.

Cosa serve per essere hip hop oggi?

Onestà intellettuale, evolvere lo stile, fare cose nuove. Che siano rap, reggae, drum&bass, ecc…