L’intervista con En?gma

 

Abbiamo intervistato En?gma per l’uscita di Totem Ultimate Edition: abbiamo parlato delle idee dietro il disco, di hip hop, della voglia di essere presenti a fare musica di qualità

 

Ciao enigma, come va?

-Tutto bene, il giorno d’uscita del disco è molto elettrizzante, ma siamo carichi

Com’è stato questo periodo di pausa?

– si è trasformata in una pausa più lunga del normale, da dopo Booriana questa pausa ci ha permesso di raccogliere bene le idee per l’uscita

Infatti, quali sono state le tappe di questo disco, uscito in modo particolare?

-Molto semplicemente, il lockdown di mezzo che ci ha permesso di lavorare bene con la creatività: a inizio 2020 abbiamo cominciato con Kaizen a fare le strumentali e a ideare il tutto. Il tempo ce ne era per raccogliere idee, e ho pensato a questa uscita a episodi, figa sotto tanti punti di vista, riuscendo a essere sempre rilevanti nel corso della stagione, tipo calcistica. Poi testare me stesso nello scrivere, scrivendo a ridosso dell’uscita degli episodi vari, un metodo nuovo, come è stato nuovo anche organizzare i featuring di volta in volta.

 

Quindi non è stato il lockdown a influenzare la volontà di uscire col disco

-Assolutamente no, a prescindere, questi sarebbero stati i tempi.

 

L’idea del disco: farlo uscire a episodi cosa ti ha permesso, da dove ti è arrivata? la visione iniziale è mutata col tempo o questo prodotto finale è quello pensato un anno fa?

-Guarda, come ti dicevo è nata da tante esigenza: mie e di mercato; anche nell’industria musicale così come nella cinematografica, una uscita a episodi ti permette di sperimentare cose nuove, questo volevo fare. È stato impegnativo organizzare le grafiche sempre nuove, riunire il team ecc. Altra cosa figa è poter correggere il tiro in itinere, episodio Uno ha più tracce, perché? Perché ci siamo accorti che sarebbe stato più figo aumentare il numero di episodi e aumentare le tracce complessive del disco finale, ed essere di conseguenza più presenti nel mercato.

 

Per te inizialmente quanti episodi doveva avere?

-Una trilogia, ma poi aumentava la quantità di strumentali, dei featuring, e ho deciso di ampliare i capitoli.

 

Cambiare episodi, aggiungerne un quarto dall’idea di una trilogia è una idea venuta da te, ma c’è stata una qualche influenza esterna a mutare qualche altro aspetto?

-No, no, proprio no. Siamo stati con kaizen a sviluppare questa idea, solo noi due, sia come necessità che una scommessa, c’era l’esigenza di aumentare e ce ne siamo accorti in corso. Quella è stata la principale idea maturata dopo aver fatto uscire il primo capitolo, il resto lo avevamo già deciso.

 

Nonostante la pausa, sei stato molto prolifico, e il disco, molto più lungo dei canoni a cui siamo abituati, mi fa pensare alla frase di Caparezza ‘ho capito che il secondo album era più facile dell’ottavo’ per te e la tua pausa, è stato così? hai perso l’ispirazione e poi l’hai riavuta?

-Guarda l’ispirazione l’ho sempre avuta, paradossalmente, è quanto la pausa a diventare lunga cheè difficile ricominciare. È stata una pausa lunga per i miei standard, ma come avete notato sono sempre stato molto prolifico in questi anni. Il discorso è che sono molto sincero, se sei Guè o Marracash puoi permetterti di far salire hype, sparire ecc, ma io ho esigenze diverse e meno possibilità di far questo. Ho sempre bisogno di esserci per la mia fanbase e per la mia voglia di fare musica, credo che queto mi abbia permesso un livello qualitativo e quantitativo molto alto.

 

Come ti rapporti con questo? È un godimento, o una condanna avere l’esigenza di far uscire?

 

  -Questo periodo di pausa mi è servito anche per allontanarmi dal fare musica ripetitiva, potendo, mi prenderei anche più tempo per vivermela rilassata, però sai che succede? Che sembra che quello che ti stressa in realtà ti rende vivo, è l’ansietta che ti colora le giornate e che rende più buono il piatto che mangi. Quella presa a bene, che ho oggi che esce il disco è l’emozione più figa che si può provare.

 

c’è una dietrologia in Totem? Sostanzialmente, un concept?

-guarda dopo 10 anni di carriera un qualcosa di  solido, come il totem, da lasciare dietro di sè nel cammino, ma che sia ben definito, era qualcosa di cui avevo bisogno. Infatti non so cosa farò domani, tra vita e musica, ma volevo tornare sulle mie tracce e racchiudere  il cammino di questi 10 anni. Sì, ci sono collaborazioni, è il totem composto da varie cose, mi ha dato modo di proporre tutte le cose che so fare. La mia firma, per me, è essere eclettico, e in Totem si dimostra tanto, ci sono tanti stili usati, strumentali diverse e diverse interpretazioni mie, liriche, sulle diverse strumentali.

 

Non lo avevo inteso, questi mesi, come tu come Totem, mi focalizzavo più sulla tribù intorno al totem, quindi incontrare persone e farci una tribù con i propri riti, che è fare rap, sia con chi c’era che con chi c’è ora.

 

-No guarda, è una bella interpretazione, quella che a me è stimolato è quella che ti ho detto

 

No ci sta, difatti c’è sempre il discorso che è un disco è come un figlio, lo fai crescere ma poi cresce da solo, quindi immaginavo potesse avere feedback diversi, e se non sbaglio, non sei mai stato a mettere i puntini sulla I sui tuoi progetti, lasci la possibilità di interpretare il disco agli ascoltatori

-Si, è componente della mia musica, sia essere astratto che interpretativo, mi piace proprio quando si deve lavorare con la propria fantasia, a completare il puzzle della canzone, sono le canzoni che mi hanno cresciuto e che mi sono sempre piaciute di più, quelle così.

 

 

Prima di Ultimate edition avevo questa idea : Enigma ha preso persone che sanno rappare e che hanno fatto materia in questi anni : da Lucci, Hyst passando per Luis Dee, mi sono detto che forse non li avrei più sentiti rappare se non qui. Con quale idea li hai chiamati?

 

-A me piace sempre testarmi e far incontrare mondi strani, in booriana nessuno si aspettava shade con quei suoni e ha poi spaccato tutto. La cosa figa è che trovi gemitaiz, eddy verus e shade, e nel corso di tutto il disco trovi gli Underdogs, e ne parlavo da poco con Frankie Hi Energy e questa è una cosa molto hip hop, c’è chi ha vissuto l’hip hop in maniera migliore, dove io marginale, ma amo far le cose hip hop, come mischiare diversità e diverse provenienze. far sperimentare anche a loro, beat diversi, come lo è stato per Murubutu. Questa per me è un figata. Quando ho chiamato Lucci o Hyst, per me sono state soddisfazioni. Nonostante abbia 32 anni, li ascoltavo da quando ne avevo 18. Vedevo le battle di freestyle, gli showcase, e non dimentico. Ora posso dire ‘se finisce la mia carriera, posso dire di aver fatto featuring con grandi, come Jake’.

 

.- quindi hai riposto a una esigenza personale, più che una idea di fondo.

—Sì, assolutamente, si accomodano in delle idee tra di loro, ma partono da me e creano un quadro concettuale spontaneo. Io mi fregio spesso di questa cosa: ho fatto rappare Jake su quella strumentale, è per me una figata. Ho sentito dei suoi feat più decontestualizzato e invece qui è molto dentro il concept, quello che volevo da lui e che ha fatto da dio.

 

E per i featuring più distanti? Come Maruego, Eddy Verus..

 

-Ho seguito il ritorno di Maruego, le sue canzoni e non so, ho sentito da lui usa certa esigenza di dire qualcosa, di esprimere qualcosa, parlare dei suoi problemi dopo i suoi periodi. Io avevo voglia di proporre un brano del genere dove ha dato tanto, e torniamo al discorso di unione dei mondi che non ti aspetti. Spiazzare per me deve essere la prerogativa. Per Eddy riguarda la stessa cosa. A me questa formula piace molto, tra discoteca e sonorità più pazze, ci farei un intero disco così. Torniamo al discorso di essere eclettico, ce lo vedevo bene e poteva spiazzare. Tra l’altro lui è una persona d’oro, lo conosco, e volevo farci un brano insieme.

 

Vorrei strapparti una curiosità, riferita al fatto che hai detto di aver seguito il percorso di MAruego in questi periodi e sentito la sua musica.A Muschio selvaggio Capo Plaza ha detto che non riesce a stare più dietro alla musica italiana, perché ha perso l’hype. Da quando è dentro la scena, non ha più la stessa voglia di prima. La tua situazione è diversa, ma hai ancora la stessa voglia di sentire i colleghi?

-Guarda, nel mio caso è che la presa bene è la passione che c’è sempre, amo ascoltare musica italiana, seguire le interviste. Mi piace come ragionano determinati artisti, come ragionano loro che fanno una vita diversa ma con cui hai qualcosa di comune. Stare dietro le uscite è complicato, ma c’è sempre un aggiornarsi sulla musica che mi circonda. Ho la mia playlist su cu mi salvo i pezzi e che torno periodicamente a sentire. Capisco comunque chi non riesce a stargli dietro, le passioni sono tante, le ho anche i, e qualche volta ti possono prendere di più, per me, però, ascoltare musica continua a piacermi.

 

 

-La musica attuale segue tendenze, i generi sono tendenze. Il tuo disco ricorda, però, cos’è l’hip hop. Se dovessi pensare al modo di fare rap, visto che nel tuo disco ci sono varie generazioni a confronto, in cosa lo vedresti evoluto? Che idee vanno avanti? IN che modo gli underdog portano avanti il rap? È qualcosa di nuovo, o sempre lo stesso che continua a funzionare?

 

-Gli underdog lo portavano avanti con la passione. I stesso sono uno di quelli che ha mantenuto di più la coerenza negli anni, ho sempre evoluto ma il tipo di musica è sempre lo stesso. Per qualcuno può essere stato ridondante, ma i credo che ci sia sempre l’esigenza di artisti come me o come gli underdog. C’è la necessità di un sottobosco come il nostro.

 

Ho visto il rap underground scomparire, in un periodo di vuoto in cui invece è risalito da un decadimento, è stato così anche per te?

-Dal mio punto di vista, mi sento fortunato di vivere di musica ancora oggi. Potrebbe non succedere più, intanto sono 10 anni che la musica è un lavoro. Io non credo che tutte le persone riescano, underdog compresi, perché quelli che sono in alto si mangiano tanto e non c’è da mangiare per tutti. Quello che può tenerti vivo è la passione e la voglia di fare musica. Però è una questione di passione e non mollare per provare a farsi sentire il più possibile da chiunque. L’hip hop sta in piedi perché c’è gente come Marracash che si è evoluto continuamente, anche in senso estetico e questo piace alla massa, ma si evolve anche in senso lirico.